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La solitaria lotta dei piccoli

La titanica lotta di un semplice parroco di campagna contro la società, le istituzioni ed i propri limiti intellettuali e spirituali. Lo splendido affresco di un’anima nel capolavoro di Georges Bernanos.

In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. Mt 11,25-27

Da questa parabola di Gesù prende le mosse “Diario di un curato di campagna” di Bernanos, capolavoro di non semplice lettura, con una scrittura a tratti ermetica e la tendenza all’introspezione psicologica estrinsecata sotto forma di diario esistenziale.

La trama è abbastanza semplice: ad un giovane ed inesperto curato viene assegnata una parrocchia di campagna; il giovane ci si reca armato di fede, speranza, carità, umiltà e semplicità, ma si trova ben presto a fare i conti con la sua incapacità gestionale che lo porta a inimicarsi i vertici della Chiesa e la nobiltà locale.

E’ un romanzo di solitudine estrema unita a forme di titanismo romantico: il giovane infatti è solo contro tutti con la Chiesa che pretende da lui ordine e polso fermo, gli altri preti che lo considerano un incapace, i parrocchiani che pensano sia un ubriacone, le allieve che con la loro civetteria lo mettono in difficoltà, infine i nobili che lo considerano un personaggio strambo. La sua figura ricorda “Il principe Myskin” protagonista de “L’idiota” di Dostoevskij; infatti nonostante i tanti problemi e le sue lacune egli riesce con la sua semplicità e umiltà a sconvolgere le vite di tutti mettendo ciascuno di loro – a mo’ di un novello Gesù – di fronte al proprio inconscio, alle proprie paure, alle proprie responsabilità esistenziali.

Nel romanzo si assiste anche ad una condanna di una parte della Chiesa intesa come istituzione, nonché ad un’analisi spietata della società e delle lotte al suo interno, ovvero quelle tra:

1) le istituzioni civili e la Chiesa con le loro opposte visioni del mondo che più o meno collimano quando si tratta di sfruttare i poveri che sono i veri protagonisti del romanzo;

2) tra la Chiesa-istituzione che funziona più o meno come un’azienda e deve badare quindi ai propri interessi e la Chiesa-evangelizzatrice basata sulla povertà fisica e la ricchezza spirituale (Papa Francesco docet);

3) tra la borghesia arricchita dell’epoca cui Bernanos non risparmia pungenti strali e la gran massa di povera gente che vede nei ricchi il miraggio verso cui indirizzare il proprio stile di vita.

Infine la lotta avviene anche all’interno dell’anima del giovane curato che, dimidiato da tanti conflitti esteriori, si trova a combattere su vari fronti: quello “endogeno” che vede una sua progressiva perdita di fede e quello “esogeno” legato alla sua funzione di salvatore di anime; quello fisico che lo vede lottare contro una malattia che lo consuma e quello spirituale che lo vede lottare contro la miscredenza dei parrocchiani.

Nel romanzo aleggia in alcuni tratti “l’Ennui esistenziale” tipica della cultura francese che si rifà ad una concezione laica della vita di matrice senecana che cerca invano di dare una risposta in chiave umana al senso dell’esistenza. Nei momenti di sconforto il giovane curato si lascia avvolgere da questa “bruma laica”, perde la sua capacità di trovare ristoro nella preghiera e si rifugia nelle pagine del diario che svolgono quindi una sorta di funzione catartica.

Lettura molto attuale (il libro è del 1936) dal momento che ripropone molte tematiche presenti ancora (e soprattutto) nel mondo di oggi e che si rifanno ai recenti e continui richiami all’umiltà, alla semplicità e alla preghiera da parte di Papa Francesco.

Capolavoro.

Luigi Salerno

Di Ida Volpe

Docente di lettere, lettrice, scrittrice, opinionista.

2 risposte su “La solitaria lotta dei piccoli”

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